La depressione
- Che cos’è la depressione?
- Esistono tante depressioni?
- Quando si può parlare di depressione grave o maggiore?
- Sono utili gli Psicofarmaci nella depressione grave?
- E’ utile la Psicoterapia nella depressione grave?
- E’ indicato un sostegno ambientale?
- DEPRESSIONE MINORE
- Quando si può parlare di depressione minore?
- Sono utili gli Psicofarmaci nella depressione minore?
- E’ utile la Psicoterapia nella depressione minore?
- A cosa ci serve la depressione?
- Conclusione
- Bibliografia
Che cos’è la depressione?
La depressione è uno stato d’animo che colora ogni evento psicologico, abbassando il tono dell’umore a livelli non accettabili. E’ l’amplificazione della tristezza, sentimento naturale per gli esseri umani, consapevoli della caducità e del fluire del tempo. La depressione è una condizione curabile, purché venga affrontata senza fretta di “guarire” accogliendo la stanchezza del corpo e della psiche.
Esistono tante depressioni?
La depressione si può collocare lungo una gamma infinita di intensità, alle cui estremità troviamo la forma più grave e la forma più leggera. Queste due forme sono entrate nelle classificazioni con caratteristiche differenti, e vengono chiamate depressione maggiore e depressione lieve. Ma ogni persona può sviluppare una sua propria depressione legata alla costituzione ed alle esperienze.
Tutte le depressioni sono curabili, con interventi diversi a seconda della loro gravità. Prenderemo in considerazione la depressione grave e lieve e per ognuna diremo qualcosa sulla cura farmacologica, sulla psicoterapia e sul sostegno ai parenti del depresso, per aiutarli a reggere la situazione difficile e a porsi in modo positivo.
Quando si può parlare di depressione grave o maggiore?
La depressione si può dire maggiore quando sono presenti tre elementi:
- un abbassamento dell’umore marcato e invalidante, che impedisce alla persona di proseguire nelle sue normali attività, come se fosse completamente immersa nel dolore morale;
- un senso di peso e di malessere corporeo che fa sentire veramente malati, tanto che si accompagna alla tendenza a stare a letto e al disordine degli orologi biologici (molta fame o inappetenza, insonnia o eccessiva sonnolenza);
- idee negative che si ripetono e si autoalimentano, centrate sulla inutilità, la inguaribilità, la colpa, la fine, al punto da diventare in certi casi dei veri deliri.
Questo tipo di depressione sembra legato a predisposizioni fisiche, quali la costituzione individuale, la linea famigliare, la fragilità dei meccanismi neurochimici. Per questo si chiama anche endogena, cioè derivata da dentro. La persona non riesce a metterla in rapporto a eventi specifici, in quanto sente che il male arriva e se ne va inspiegabilmente (come aprire e chiudere un rubinetto).
Tale disturbo non è ereditario. Si può ereditare una predisposizione, cioè un aumentato rischio e diventare depressi come per altre malattie, ma il sorgere della malattia è legato a fattori ambientali e personali, senza i quali il disturbo non si verificherebbe. E’ importante l’educazione avuta nell’infanzia e nella giovinezza, che può facilitare una personalità depressiva.
La depressione maggiore richiede una cura farmacologica sotto controllo dello psichiatra e un appoggio psicologico. In questa depressione il paziente è come fosse un bambino spaventato e inerme. Ha bisogno di un ambiente protettivo che faccia le sue veci.
Sono utili gli Psicofarmaci nella depressione grave?
I farmaci sono indispensabili, proprio perché migliorano le alterazioni fisiche. Nella depressione alcuni messaggeri cerebrali, piccolissime sostanze chimiche che fanno funzionare i neuroni, si sono esauriti, il loro livello è basso. Parliamo soprattutto di serotonina, sostanza che facilita l’ottimismo e l’energia psichica. I farmaci antidepressivi aiutano a ricomporre le riserve di serotonina. Un tempo si avevano a disposizione antidepressivi pesanti da sopportare, con notevoli effetti collaterali. Oggigiorno si possono usare farmaci più maneggevoli, con una cura costante nel tempo, come da indicazioni dello specialista.
Bisogna fare attenzione alla prima fase della cura. Il farmaco antidepressivo può aumentare la forza dell’individuo, prima ancora di risollevare pienamente l’umore, e il malato può dirigere l’energia anche verso comportamenti impulsivi. Per questo è utile aggiungere un ansiolitico, specie nel primo periodo, che riporti la calma interiore e abbassi il senso di angoscia.
Ansiolitici e antidepressivi sono supporti utili, devono essere somministrati con l’aiuto e la collaborazione di una persona vicina al depresso, che sappia dare alla cura il significato di un vero supporto affettivo.
E’ utile la Psicoterapia nella depressione grave?
La psicoterapia deve tener conto che il depresso è molto angosciato , che la sua parte adulta è sovrastata da idee grandiose pessimistiche, e che il suo comportamento assomiglia a quello di un bambino incapacitato. Pertanto l’atteggiamento del terapeuta è di tipo genitoriale con accoglienza, sostegno e protezione. L’aiuto ha l’obiettivo di far accettare alla persona gli interventi necessari, siano essi i farmaci o anche un ricovero, di contenere il dolore perché non si senta solo; di proteggerlo da eventuali gesti lesivi o da comportamenti dannosi.
In questa depressione la causa scatenante è spesso una perdita, che acquista significato catastrofico: l’oggetto perduto aveva un enorme, se non assoluto, potere gratificante. Tale fragilità di “gratificazione autonoma” connota la personalità del depresso grave.
Solo quando la crisi depressiva è migliorata e la persona si rende conto che il suo pensiero magico negativo era esagerato, il terapeuta può aiutare a rafforzare il pensiero adulto, per migliorare l’autonomia. La persona si lascia allora il passato alle spalle e può rimettersi in cammino.
E’ indicato un sostegno ambientale?
I famigliari hanno molto bisogno di aiuto perché si sentono impotenti. Vedono il loro congiunto cambiato e non possono fare nulla. Sentendolo lontano possono avere un atteggiamento di rimprovero, considerandolo cattivo e pigro. Innanzitutto è bene informarli che la depressione si manifesta appunto con disinteresse, apatia, perdita di sentimento, blocco. Che non bisogna dire al depresso che la responsabilità è sua, perché questo potrebbe aumentare il senso di colpa. Neppure dirgli che è questione di volontà, perché lo sforzo inutile aumenterebbe l’angoscia.
Occorre dare ai parenti strumenti di conoscenza sul disturbo e indicare la strada della cura, a cui essi possono partecipare come adulti vicarianti del paziente. Molte volte vivere con un depresso richiama i propri vissuti depressivi, e spinge a fuggire per potersi proteggere.
E’ utilissimo quindi avere uno spazio dove confrontarsi per essere in grado di mantenere la relazione con chi soffre.
Depressione minore
Quando si può parlare di depressione minore?
Gli elementi per far diagnosi di depressione minore sono tre:
- un abbassamento dell’umore fastidioso ma che non blocca completamente la vita;
- il corpo coinvolto poco o nulla, senza che i sintomi fisici assomiglino ad una vera malattia;
- le idee negative che vengono criticate in quanto ci si rende conto di avere un malessere anomalo.
La persona è ben consapevole di quello che succede e sa indicare quasi sempre le cause esterne che hanno scatenato il disturbo. Queste cause derivano dalla perdita di persone, oggetti, ruoli o aspettative. La perdita suscita tristezza, come è giusto che sia. Ma poi la tristezza non passa, il lutto non si riesce ad elaborare. La tristezza non solo diventa cronica, ma si autoalimenta con idee e vissuti negativi, fino a diventare uno stato d’animo generale ed ingombrante. Questa depressione si chiama nevrotica perché il soggetto ha molta ansia e conserva la sua consapevolezza. Si chiama anche reattiva, perché è una reazione a fatti esterni, anche se esagerata.
Non è chiaro quali siano le caratteristiche di una persona, che poi diventerà depressa. Sicuramente si tratta di una persona introversa e sensibile, educata con una certa severità, molto criticata negli errori, spinta ad adeguarsi al giudizio altrui, abituata più al rigore che alle carezze, attenta più ai risultati che al piacere. Quando si verifica un lutto importante (di una persona cara, di un sogno, di una situazione ecc) la persona ha l’impressione di perdere tutto e di non ritrovare più un’altra fonte di benessere, perché crede poco al benessere che deriva solo da se stessa.
Sono utili gli Psicofarmaci nella depressione minore?
Nella depressione di questo tipo gli psicofarmaci non sono indispensabili. Il cervello non soffre di alterazioni chimiche, sono i pensieri ad essere rigidi e cupi, all’interno di un modello di vita imposto. Se il malessere è forte possono essere di aiuto transitorio gli ansiolitici o gli antidepressivi a basse dosi, ma la cura principe resta la psicoterapia.
E’ utile la Psicoterapia nella depressione minore?
La psicoterapia è fondamentale per aiutare la persona a ritrovare le sue risorse. Innanzitutto il depresso cerca un luogo dove mettere la sofferenza e lo può fare in terapia senza temere di essere “pesante” per chi lo ascolta. Poi deve elaborare il lutto, individuando di che perdita si tratti. Non è sempre facile, perché in genere l’oggetto perduto è mascherato da molte svalutazioni. Guardare la perdita e sentire il dolore è un passo verso la autenticità. Nello stesso tempo occorre accettare che le cose siano andate in quel modo e che bisogna reinventare il futuro. La vita è fatta di continui riadattamenti. Chi non riesce ad adattarsi può cadere in depressione, perché resta legato al passato, dove ci sono perdite e rimpianti. La psicoterapia aiuta a ricuperare il permesso di cambiare e di vivere una vita “imperfetta”.
A cosa ci serve la depressione?
La depressione assomiglia al letargo dell’inverno, quando ci si ritira per sopravvivere. La persona depressa si ritira per sopravvivere, perché non ha energia né cibo, inteso come cibo psicologico. Quindi il nostro cervello si attiva producendo la depressione per salvaguardare l’individuo da un ambiente ostile, come fa la natura quando arriva il gelo. Purtroppo però il gelo non è reale. E’ immaginato. La persona si prefigura un mondo senza affetto o senza gioia, perché l’oggetto d’amore non c’è più. E si costruisce lei stessa il buio, per non vedere la luce. Così, nella rabbiosa solitudine, sembra conservare qualcosa della felicità perduta.
La depressione parte dalla tristezza, sentimento transitorio che serve a raccogliersi per superare il lutto. Infatti solo elaborando la perdita si riuscirà ad conservare il bene che c’è stato, a rinunciare alle illusioni che non ci sono più, e a voler uscire nella nuova luce. Se invece diventa cronica, la depressione è lesiva e patologica. Come il gesso all’arto malato che non viene rimosso e produce la piaga.
Conclusione
Possiamo riassumere i concetti in questi consigli:
- Se senti l’ umore basso non pensare subito alla depressione: può essere una tristezza naturale e in questo caso accettala come transitoria.
- Se è una depressione non farti invadere dallo stato d’animo negativo, ma conserva sempre un angolo della tua mente dove mettere speranza e fiducia.
- Rivolgiti ad uno specialista che ti dia il supporto adatto, e non escludere a priori né farmaci né psicoterapia.
- Sappi che nella depressione alcune sostanze cerebrali si abbassano e che non c’è nulla di male a riequilibrarle con dosi adeguate di farmaci.
- Accetta di comprendere da quale lutto parte, anche se non è subito evidente.
- Il lutto può derivare dalla perdita di una persona, di un oggetto, di una situazione, di un ruolo, di un sogno, di un modo di vederci.
- Considera la possibilità di cambiare qualcosa nella visione di te stesso e degli altri, perché molta depressione deriva dai pensieri.
- Prenditi la responsabilità di quello che è tuo, nelle cose che sono andate male.
- Lascia agli altri le responsabilità che sono loro, nelle cose che sono andate male.
- Non volere un passato perfetto, perché non lo potrai modificare, né un futuro perfetto, perché non sarà come lo sogni.
- La solitudine non è una buona consigliera della depressione, ma neanche il rumore: resta in uno spazio tranquillo e comunicativo.
BIBLIOGRAFIA
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- Diagnostical Statistica Manual IV
- Jervis G.” La conquista dell’ìidentità”, Milano, 1997
- Minkowski E. Il tempo vissuto, Einaudi, Torino, 1971